Lo scopo dell’iniziativa di oggi è quello di rilanciare l’iniziativa sindacale sul tema della sicurezza.
Tema che nella nostra scala dei valori e delle priorità occupa il primo posto, consapevoli che non ottenere risultati sul terreno della sicurezza nel lavoro inficia la credibilità e la stessa rappresentanza del sindacato; sapendo, in sostanza, che la cartina di tornasole dell’efficacia dell’azione sindacale si misura sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali.
Si tratta di affermare e saper gestire una cultura della sicurezza che in Italia non è ancora assunta come priorità da tutti come dimostrano i seguenti fatti:
La L. 626 è diventato D.lgs. 4 anni dopo il termine previsto dalla stessa direttiva 391/89.
Tuttora il quadro normativo è incompleto, infatti mancano ancora 24 decreti ministeriali attuativi della 626 ad es.: standard formazione e informazione ai lavoratori fatto decisivo per produrre consapevolezza e ulteriore spinta per mutare le condizioni di lavoro.
Le Associazioni imprenditoriali, in particolare la Confindustria, non agevolano e spesso ostacolano la piena attuazione della L. 626. Penso agli ostacoli frapposti alla elezione degli R.L.S., penso alle proposte avanzate da esse sulla formazione di queste nuove figure, penso al fatto che quanto si tratta di spendere risorse sulla sicurezza si cerca in ogni modo di trattare al ribasso.
Che dire poi del fatto che nella discussione generale le Associazioni tutte chiedono allo Stato risorse pubbliche come condizione per applicare la L.626, dimenticando che si tratta di una legge dello Stato che va in ogni caso applicata senza cercare alibi alcuno.
Settori come il commercio, i trasporti, l’agricoltura sono tuttora scoperti rispetto alla costituzione degli Enti Bilaterali nell’ambito dei quali costituire i comitati paritetici.
Gli enti di prevenzione e ispezione sono nettamente inadeguati ai nuovi compiti stabiliti dalla normativa e a fronteggiare il drammatico andamento degli infortuni.
Il tavolo unico regionale istituito presso l’Assessorato alla Sanità va bene ma occorre una migliore definizione della modalità di funzionamento e precisazione politica del ruolo delle istituzioni per evitare la deresponsabilizzazione delle associazioni imprenditoriali rilanciando anche da quelle sede il ruolo della bilateralità nell’esercizio della responsabilità delle parti sociali.
La stessa iniziativa sindacale non è priva di limiti; la contrattazione di 2° livello si è poco occupata della sicurezza, nel periodo ‘91-’94, in assenza della 626, solo il 40% degli integrativi aziendali contiene questa voce ma per lo più in termini di richiesta d’informazione.
Occorre superare i limiti dati da una cultura sindacale di tipo rivendicativo (la salute è un diritto), verso una capacità strategica data dalla convergenza di intervento su tutti gli aspetti; interni ed esterni all’impresa, che determinano il grado di sicurezza sul lavoro.
Fatti nuovi sono stati prodotti tipo il protocollo tra CGIL CISL UIL di Modena, associazioni imprenditoriali, istituzioni ed enti di prevenzione e ispezione che si propone di verificare progetti nuovi di intervento in materia, altri stanno per essere prodotti quali ad esempio l’accordo con associazioni Artigiane sull’organismo bilaterale dal quale ci aspettiamo l’elezione di 300/400 R.L.S. di Bacino e aziendali nuovi nei prossimi mesi.
In realtà in questi anni ha prevalso una mentalità produttivistica che sull’altare dei costi di produzione, quale fattore principale di competitività, chiede di mettere a rischio la salute e l’incolumità delle persone che lavorano.
Dicevamo della necessità di rilanciare con intransigenza ed esigenza l’iniziativa sindacale in modo sistematico e non per campagne , superando i limiti della pur giusta e legittima azione di denuncia che lascia l’amaro in bocca quando non muta in positivo le condizioni in cui operano i lavoratori.
La condizione importante per essere efficaci è la capacità di capire i termini nuovi in cui si pone la questione della sicurezza e di attrezzare politicamente e culturalmente il sindacato, fermo restando l’importanza strategica della nuova normativa che, stabilisce la responsabilità civile e penale del datore di lavoro, mette in campo il R.L.S., anche se dobbiamo denunciare il fatto a un mese dalla scadenza dei termini per iniziare le procedure per la valutazione dei rischi è molto esiguo il numero delle aziende che hanno coinvolto i R.L.S. fin dalla fase di analisi, ciò anche per ritardi nella formazione, inserisce la logica della collaborazione tra partners sociali nella gestione della sicurezza.
A fronte del fatto che si ritengono non evitabili gli infortuni, tanto da farne elemento della pianificazione del ciclo, occorre aprire spazi nuovi di intervento sindacale, determinare nuovi comportamenti, rilanciare energicamente la prevenzione e il rapporto R.S.U./R.L.S. nell’ambito delle rispettive responsabilità di soggetto contrattuale a tutto campo e di soggetto specifico che rappresenta i lavoratori sul tema della sicurezza.
Per comprendere e intervenire in termini nuovi sulla questione sicurezza occorre progettare un più forte intreccio tra azione generale e azione contrattuale, ovvero tra l’azione confederale e quella delle categorie, confermando il concetto di sicurezza come questione complessa che dipende da un insieme di fattori.
Questo non solo ai fini della gestione della bilateralità collegata alla contrattazione, all’iniziativa nel territorio e all’iniziativa R.L.S., ma anche perché la frammentazione del ciclo produttivo attraverso il meccanismo degli appalti e subappalti ormai presente in quasi tutti i settori, produrrà sempre più la compresenza di lavoratori appartenenti a diverse categorie nella stessa impresa mentre la contrattazione aziendale resta di competenza delle categorie con tutti i rischi del caso.
Mi riferisco al rischio che nello stesso ciclo avvengano contrattazioni di 2° livello scollegate nella forma e nei contenuti tra loro, realizzando così condizioni diverse per i lavoratori appartenenti alle diverse categorie, mi riferisco al rischio che le aziende abbiano lo spazio per rimpallarsi le responsabilità tra loro con la logica conseguenza di scaricare sui lavoratori, spesso sul singolo lavoratore, la responsabilità dell’infortunio come se l’organizzazione del lavoro, l’organizzazione tra diverse realtà che operano nel medesimo ciclo nulla avessero a che fare con l’organizzazione della sicurezza.
Consapevoli di questi rischi abbiamo realizzato, Confederazioni e categorie, con la F.S. e con l’azienda che ha vinto gli appalti della manutenzione e del rinnovamento di importanti tratte ferroviarie, un importante e innovativo accordo che vale la pena indicare come ipotesi di lavoro per altre analoghe situazioni.
L’obiettivo condiviso dalle parti è quello di una anticipata applicazione nelle Ferrovie della regione della direttiva Cee per la sicurezza nei cantieri mobili (recepita dal governo con decreto legge lo scorso agosto), che attribuisce anche al committente molte delle funzioni e delle responsabilità proprie dell’appaltatore. La pratica fattibilità di questo obiettivo, che comporta implicazioni molto rilevanti sul piano contrattuale, assicurativo, economico e delle responsabilità, richiede l’apertura di un confronto immediato tra le parti: l’accordo prevede dunque l’istituzione di un tavolo misto fra F.S. E sindacati confederali con il compito di definire modalità, contenuti e tempi.
Ma questo non deve suonare come un rinvio delle scelte importanti compiute nell’accordo.
Anzi, è proprio il segno di una fase nuova.
Le F.S. infatti introdurranno da subito, nei cantieri Strukton, la figura del Coordinatore dell’esecuzione dei lavori, prevista dalla stessa direttiva comunitaria, per assicurare l’applicazione dei piani di sicurezza.
E anche la Strukton, da parte sua, istituirà una seconda figura di ispettore , che dovrà controllare la correttezza delle procedure e l’adozione dei dispositivi di protezione individuale, adottare gli accorgimenti necessari, riferire con una relazione settimanale.
Tutte decisioni che incideranno da subito e concretamente sull’organizzazione del lavoro nei cantieri, che verrà determinata anche tenendo conto in modo preliminare, fin dalla fase di progettazione, della questione sicurezza.
L’accordo prevede poi un sistema d’informazione preventiva ai sindacati sui capitolati d’appalto, in rapporti ai requisiti previsti dalle normative sulla sicurezza, oltre a un’altra anticipazione della direttiva Cee: in quegli stessi capitolati d’appalto verrà inserita una apposita clausola, che prevede le penalità da applicare nel caso di mancato rispetto del piano di sicurezza.
Tra gli altri punti significativi dell’intesa c’è infine la questione della formazione: toccherà alle F.S. realizzare corsi (36 ore in orario di lavoro) per il personale della Strukton e in futuro per tutte le ditte appaltatrici del settore manutenzione.
Con questo accordo abbiamo dimostrato che le cose possono cambiare, che i lavoratori degli appalti hanno gli stessi diritti degli altri, che se i sindacati seguono un modo diverso di contrattare, categorie e confederazioni insieme, riescono ad affermare una nuova cultura della sicurezza.
Il concetto di complessità in materia di sicurezza si evidenzia ulteriormente se si esaminano i fattore relativi al MdL, ai rapporti di lavoro nell’ambito di un clima di timore di perdita del posto di lavoro, il forte grado di precarizzazione, di lavoro nero, di illegalità economica, di lavoro minorile, tutti elementi che esasperano una situazione già negativa di per sé.
Non è un caso che nel 1992, un anno di crisi paurosa, si registra una delle punte massime di infortuni sul lavoro.
E’ quindi evidente l’esigenza di un forte coordinamento confederale e di un approccio interdisciplinare alla questione.
Anche perché siamo alla vigilia della costruzione di grandi infrastrutture nella nostra regione in un quadro di sblocco dei cantieri di numerose opere pubbliche quali il quadruplicamento e la variante di valico, che comporterà un livello alto di rischio infortunistico a cui dobbiamo rispondere con una adeguata capacità di elaborazione, proposta e sorveglianza fin dalla fase di progettazione dei cantieri.
La piattaforma regionale CGIL CISL UIL sul quadruplicamento ferroviario per quanto riguarda l’impatto in ordine alla sicurezza, prevede la costituzione di una tecnostruttura della Regione capace di governare e informare gli E.L. e le parti sociali a livello territoriale di tutti i problemi da risolvere, posto che siano affermate le condizioni di base per il lavoro in sicurezza.
Prima di evidenziare alcuni dati che provano l’esistenza di una situazione pesante a tutti i livelli, è necessario soffermarsi sulla qualità dei dati forniti dalle fonti ufficiali che non sono idonei alle esigenze delle parti sociali di leggere la complessità così come si presenta e di costruire un nuovo sistema di gestione della sicurezza in forma partecipata.
Una forte critica ed una conseguente proposta va rivolta:
E’ necessario quindi un confronto a livello nazionale per avere una produzione di dati adeguata all’elaborazione di strategie di intervento per produrre sicurezza e al nuovo compito di gestire la sicurezza.
Dai dati disponibili e da alcune nostre elaborazioni emerge che l’andamento degli infortuni è in calo, ma questi si mantengono a livelli molto alti e consideriamo fuori luogo e grottesco l’ottimismo di alcuni istituti di ricerca.
Nel 1995 sono stati denunciati in E.R. 120 mila infortuni di cui 82 mortali. Dobbiamo tenere conto che nel corso degli ultimi anni è precipitata l’attività produttiva di alcuni settori come le costruzioni per il blocco delle opere pubbliche ed inoltre che comparti ad elevato rischio infortunistico si sono ridimensionati se non scomparsi del tutto (fonderie di seconda fusione, siderurgia).
La dimostrazione è data dall’andamento degli infortuni mortali nel settore delle costruzioni che a livello nazionale passano dai 505 del ‘91 ai 259 del 1995, mentre appare in controtendenza il dato degli infortuni che comportano inabilità e postumi permanenti. Essi passano dal 27,4% del ‘90 al 31,1% del ‘94.
In Emilia Romagna nel ‘95 sui 120 mila infortuni denunciati, 80 mila hanno avuto come conseguenza invalidità temporanea; 3194 invalidità permanente oltre agli 82 casi di decesso già riportati.
Tutto ciò può essere quantificato in costi al netto delle incalcolabili sofferenze umane che infortuni e malattie professionali comportano. Da una nostra stima ciò che avviene in E.R. pesa per il 12% medio sul dato nazionale.
Su 15,5 milioni di giornate di lavoro perse per infortuni e malattie professionali a livello nazionale, in E.R. si sono perse 1.700.000 giorni di lavoro; su 42 mila mld. stimati nel ‘94 di costi complessivi dovuti a infortuni e malattie professionali in E.R. i costi complessivi sono pari a 4500 mld. ogni anno .
Una situazione pesante la cui pesantezza cresce se consideriamo che:
Va inoltre denunciato il fatto che Ispettorati del lavoro e sistema di prevenzione spesso non dialogano tra loro per la presenza di problemi strutturali quali la diversità dei rispettivi sistemi informativi, dipendono da poteri diversi, le normative sono burocratiche e non consentono una azione efficace di deterrenza e vigilanza.
Va quindi rapidamente elaborata una proposta di riforma degli ispettorati del lavoro in modo tale da assicurare la possibilità di produrre sinergie efficaci con la funzione di prevenzione.
Quando avanziamo proposte per accrescere il livello di sicurezza nei luoghi di lavoro ci viene spesso risposto che la sicurezza costa, in termini generali io penso che ciò sia vero e anche giusto. In opposizione a questo modo di vedere il problema occorre rispondere che anche al netto degli incalcolabili costi umani investire in sicurezza è produttivo per la collettività oltreché essere altamente morale.
Certo che se ogni azienda pensa che gli infortuni possano succedere solo al altri (il che ovviamente non è) quella impresa si sentirà esentata dalla responsabilità di organizzare la sicurezza al proprio interno. Se poi consideriamo che produrre sicurezza crea posti di lavoro e che corrisponde all’idea di fare della qualità e dell’innovazione i terreni principali di competitività del sistema produttivo italiano nella globalizzazione economica, si può concludere che investire in sicurezza è produttivo e assolutamente necessario.
In ogni caso è indispensabile per il grado di civiltà del nostro paese.
Bologna 19.11.1996