CGIL CISL UIL Emilia Romagna

SOCIO COOP: QUALI TUTELE E QUALI DIRITTI? Per una legge che definisca la figura del lavoratore - socio ASSEMBLEA REGIONALE delegati e lavoratori della cooperazione

Introduzione di GIORDANO GIOVANNINI Responsabile Cooperazione CGIL Emilia Romagna

Bologna, 22 aprile ‘97 Sala Cinzio Zambelli, presso UNIPOL

Gli obiettivi che ci prefiggiamo con questa assemblea:

* rispondere all'esigenza ormai insopprimibile di arrivare alla definizio ne della figura del lavoratore-socio;

* avanzare una proposta che contribuisca a dare uno sbocco negoziale positivo alla tratttativa in corso con le centrali cooperative e che per metta poi di tracciare i contenuti di fondo di una legge. E' infatti ripre so, dopo l' "incidente" della proposta di legge, il confronto nazionale per il rinnovo del protocollo sulle relazioni industriali del 5/4/90;

* realizzare un confronto con gli altri soggetti che saranno chiamati a dare soluzione sia sul versante contrattuale (centrali cooperative) che sul versante istituzionale e legislativo (Governo e componenti delle commissioni lavoro della Camera e del Senato) ;

* coinvolgere e far pronunciare i protagonisti ed i diretti interessati (i lavoratori-soci delle cooperative) sulla definizione da dare alla figura del lavoratore-socio.

Perchè è divenuto non più rinviabile arrivare alla DEFINIZIONE della figura del lavoratore-socio:

* cambiamenti del lavoro che rendono più difficile la vecchia distin zione, anche giuridica, tra lavoro subordinato/lavoro autonomo/lavoro associato/lavoro parasubordinato e collaborazioni coordinate e conti nuative;

* l'introduzione di nuovi Istituti e Leggi che hanno regolato il rap porto di lavoro dipendente e che, non avendo esplicitamente richia mato la loro applicazione anche al lavoratore-socio, sono stati oggetto di contrastanti interpretazioni da parte dell'INPS e della giurisprudenza (assunzioni - CFL; Part-Time; tempo determinato-; ammortizzatori sociali; tutela e sostegno al reddito; garanzie dei crediti da lavoro in caso di procedure fallimentari o di liquidazione; previdenza; diritti sindacali - es. distacco sindacale);

* processi di decentramento di attività e funzioni sia nel pubblico sia nelle imprese private e loro organizzazione spesso con forme di impre sa cooperativa (diffondersi della cooperazione spuria promossa da sog getti privati); * crescita della cooperazione nel cosiddetto III settore e necessità di una sua regolamentazione.

Ciò ha messo in crisi tutto un impianto legislativo sulla cooperazio ne facendone risaltare le carenze ed i vuoti normativi

La soluzione data alla legislazione cooperativa, dall'art. 45 della Costi tuzione, alla legge Basevi, fino alla "mini riforma" della L. N°. 59 31/1/92, infatti era mirata più ad intervenire sulla definizione del rap porto associativo e sulla legislazione di impresa che sulla regolazio ne del rapporto di lavoro.

Infatti, tutta la legislazione cooperativa si è particolarmente cimentata sull'adempimento del contratto sociale fra cooperativa di lavoro e soci definendone il carattere di mutualità (riserve indivisibili), di solidarietà tra generazioni (versamento del 3% dei propri utili a favore dei fondi mutualistici per la promozione di nuove imprese), la non prevalenza della remunerazione del capitale sociale investito (limite alla ripartizio ne degli utili; indivisibilità del patrimonio sociale; limiti alla sottoscri zione del capitale sociale): "la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata"

La regolazione del rapporto di lavoro, viceversa, non avendo mai avuto una definizione giuridica specifica, si è adeguata alla prassi con creta trovando negli strumenti, diritti e tutele del lavoro dipendente la soluzione più consona. Ciò anche perchè sia nella Costituzione che nel la legge Basevi, il legislatore non aveva come razio quella di prefigura re situazioni di sottosalario e sottotutela del lavoro del socio ma quella di facilitare la promozione e lo sviluppo dell'impresa cooperativa attra verso forme di sostegno ed agevolazioni fiscali.

Sono così stati i CCNL che hanno regolato, prevedendone l'applicazione anche ai soci-lavoratori, il rapporto di lavoro del lavoratore-socio. In alcuni casi anche gli stessi Statuti e Regolamenti delle cooperative hanno previsto l'intervento su singoli aspetti (es. possibilità di decidere deroghe ai minimi contrattuali) creando conflitti sulle prerogative e la titolarità.

La mancanza di una definizione giuridica del lavoratore-socio ha tutta via prodotto, nel tempo, il moltiplicarsi di prassi ed interpretazioni giu risprudenziali opposte: da una parte, soluzioni e pronunciamenti che hanno considerato il rap porto tra il lavoratore-socio e la cooperativa unicamente finalizzato all'adempimento del contratto e delle finalità sociali stabilite dallo sta tuto dell'impresa cooperativa; dall'altra, soluzioni che partendo dalla dimostrazione/constatazione dell'inesistenza o della debole partecipazione del lavoratore-socio alle decisioni ed alla gestione, ne hanno negato la specificità della forma di impresa cooperativa per affermare che il rapporto di lavoro era subordinato.

Tali approcci, hanno avuto un comun denominatore: negare la duplicità della figura per considerarlo alternativamente o un rapporto di lavoro subordinato o lavoro autonomo. Hanno cioè risolto il problema negan do l'esistenza e la possibile convivenza di due rapporti giuridici, quello del lavoro e quello sociale; si è negata cioè la compatibilità tra patto associativo e scambio contrattuale.

I risultati di tali estremi hanno prodotto, anche di recente, sentenze e comportamenti contrapposti come quelli sul Part-time o sul TFR:

1. la sentenza della Corte di Cassazione 638/97 ha motivato l'applicabilità del particolare regime contributivo previsto per il lavoro a tempo parziale anche ai soci-lavoratori di cooperative di lavoro "non rilevando l'assenza della subordinazione lavorativa" e considerando, ai fini contributivi, "la cooperativa datrice di lavoro dei propri soci";

2. all'esatto opposto, la sentenza della Corte Costituzionale N°. 334 del luglio 1995, intervenendo sul diritto del socio di far ricorso al "Fon do di garanzia per il trattamento di fine rapporto", definisce il diritto a tale trattamento come diritto "attribuito dal patto sociale della società" stabilendo così che il TFR ai lavoratori-soci altro non è che una forma di ripartizione di utile; non credito da lavoro ma emolumento soggetto al rischio d'impresa.

Quindi in un caso viene riconosciuto, ai fini dell'applicazione di un più favorevole regime contributivo, l'esistenza di un rapporto di lavoro mentre nell'altro lo si nega considerando il soggetto come un imprenditore.

Come dire, quando serve per gli sgravi sono lavoratori subordinati, quando vanno riconosciute prestazioni, diritti e tutele sono lavoratori autonomi o coimprenditori.

Di qui quindi la nostra CONSAPEVOLEZZA CHE UN IMPIANTO CONTRATTUALE E LEGISLATIVO CHE NON DEFINISCA LA FIGURA DEL LAVORATORE-SOCIO NON REGGE PIU'

La fase dell'EMERGENZA che abbiamo alle spalle per un intervento del Governo e del Parlamento su:

MdL; TFR; Ammortizzatorii sociali; diritto di iscrizione come credi tori privilegiati anche per i crediti da lavoro del socio in caso di falli mento o liquidazione.

* Soddisfazione e giudizio positivo sui risultati e le soluzioni realizzate (Atto Senato n . 1918); Viene sostanzialmente riconosciuta l'applicazione anche al lavoratore-socio di tutti gli strumenti e delle leg gi sul lavoro subordinato in materia di tutela del reddito, tutela dei cre diti, ammortizzatori sociali, norme sul collocamento ed il mercato del lavoro, compresa la retroattività della loro efficacia, ai fini delle presta zioni, per le imprese che avevano sempre versato anteriormente i relati vi contributi;

* La soluzione ha comunque il carattere della transitorietà: "le disposi zioni trovano applicazione fino all'emanazione della disciplina sugli ammortizzatori sociali per i soci lavoratori di società cooperative".

Manifestiamo inoltre una preoccupazione per la soluzione sbrigativa data sul PART-TIME da parte del Ministero del Lavoro. Singolare la disponibilità e la tempestività manifestata in questo e non in altri casi e su altre materie oggetto di contenziosi (la si è risolta in via amministrativa: emanazione di una circolare);

Chiediamo al Ministero del Lavoro di chiarire che la possibilità, anche per i lavoratori soci, di poter far ricorso al tempo parziale ed al più fa vorevole regime contributivo è a parità di condizione degli altri lavora tori (comma 5, art. 5, L. 863/84). Và quindi assolutamente vietato l'intreccio tra applicazione del DPR 602 sui salari convenzionali e la frazionabilità dell'orario di lavoro che porterebbe a gravi ripercussioni sulla previdenza (in particolare per chi è in regime contributivo) sià in termini di periodi coperti che in termini di montante retributivo su cui vengono versati i contributi.

CGIL CISL UIL dell'Emilia Romagna, con la loro iniziativa sono partiti dalla necessità di dare risposta immediata a situazioni di messa in di scussione di accordi e di prestazioni (previdenza; indennità di mobilità; disoccupazione; TFR) che stanno creando grave disagio sociale e pro fonda incertezza sugli strumenti attivabili a fronte di crisi e ristruttura zioni aziendali. Nella nostra regione tali situazioni coinvolgono alcune centinaia di lavoratori-soci ma potrebbero investire una platea assai più ampia fino a creare una grave situazione di incertezza per tutta la coo perazione con riflessi e ricadute difficilmente immaginabili se si diffon desse la paura (o la certezza) che certi istituti e certi strumenti sono a rischio. Siamo infatti in presenza di lavoratori, i soci-lavoratori, le cui scelte non solo influenzerebbero le statistiche del mercato del lavoro ma po trebbero determinare grave pregiudizio alla stessa sopravvivenza e pro spettiva dell'azienda: casi in cui ci sono state richieste di recessi collet tivi da socio e la restituzione del capitale sociale o del prestito sociale.

La soluzione data mette uno stop all'apertura di nuovi e gravi conten ziosi, tuttavia non da ancora soluzione immediata ai casi aperti (es. CMC Cesena/Forli/Rimini) in quanto l'INPS continua a non riconoscere le prestazioni finchè non sarà operativa la legge, ed inoltre si presenta ancora come una soluzione transitoria.

E' quindi necessario:

* garantire l'approvazione dell'emendamento, uscito dal Senato, anche alla Camera;

* un intervento del Governo affinchè l'INPS ripristini le prestazioni ai lavoratori-soci là dove, pur avendo le imprese versato regolarmente i contributi, li ha interrotti o negati (TFR ed Indennità di Mobilità);

* predisporre un intervento legislativo organico sulla definizione della figura del Lavoratore-socio che ricalchi le soluzioni date all'emergenza.

SOLUZIONE ALL'EMERGENZA = PONTE PER L'ASSETTO DEFINITIVO

Incoerenza:

1. proposta delle centrali coop: Coimprenditore con tutti gli stumenti del MdL ed ammortizzatori sociali tipici del lavoro dipendente.

2. Bozze del Ministero del Lavoro Non c'è, ed è bene chiarirlo subito, da parte nostra alcuna contrarietà al fatto che si giunga ad una legge che regoli la materia. Ma la nostra fer ma avversione è sul metodo, oltre che sul merito, dell'iniziativa di pro posta di legge unitaria delle centrali cooperative in quanto si è così teso ad escludere il sindacato.

Tali proposte infatti sono state presentate mentre era aperto un tavolo negoziale con l'impegno di realizzare un accordo tra le parti sulla defi nizione e regolazione del rapporto di lavoro del lavoratore-socio. Pre sentare unilateralmente una proposta di legge, organica, non ha fatto altro che dare fiato a quella parte del movimento cooperativo che mal sopporta che di queste questioni si discuta e si negozi col sindacato.

Le stesse affermazioni da Lei fatte, dott.ssa Gasparrini, in un convegno tenuto proprio quì a Bologna che "la cooperazione è dei cittadini", pos sono generare equivoci. Se si intende dire che c'è un compito autonomo ed un dovere insopprimibile del Governo e dello stesso Parlamento a promulgare le leggi, nessuno può nè vuole metterlo in discussione. Ciò però non può significare che non debbano essere ricercate soluzioni con le parti sociali direttamente coinvolte, anche perchè su tale materia gli accordi non solo sono auspicabili per avere una buona legge ma di verranno indispensabili dovendo la materia essere regolata dagli stessi accordi e contratti sindacali.

Per questo anche CGIL CISL UIL dell'Emilia Romagna giudicano posi tiva la ripresa del tavolo di trettativa con l'impegno a produrre risultati in tempi brevi e certi.

Nel merito, la proposta avanzata dalle centrali coop ha le caratteristiche di voler accentuare fino alle estreme conseguenze alcuni pronunciamenti della giurisprudenza, arrivando a dare una definizione e regolamentazione del lavoratore-socio come lavoratore autonomo-asso ciato, completamente fuori dalla disciplina che regola il lavoro dipen dente (i CCNL; la retribuzione in cambio di una prestazione di lavoro; gli inquadramenti professionali; gli orari di lavoro; le norme sui prov vedimenti disciplinari; i diritti sindacali; ecc.).

Una tale proposta porterebbe al sostanziale superamento del contratto collettivo di lavoro con la possibilità da parte dell'assemblea sociale di abbassare i minimi nazionali fino al 70% prevedendo inoltre l'adozione di un sistema previdenziale costruito non sulla retribuzione effettiva mente percepita ma di fatto sulla generalizzazione del salario conven zionale (modello DPR 602) con grave danno per le future pensioni di tutti i lavoratori-soci ed in particolare per i giovani.

Tanto valeva a quel punto essere coerenti fino in fondo ed accettare l'impostazione data dalla Corte costituzionale sul TFR o l'articolato di proposta di legge dell'UNCI che hanno definito il lavoro in cooperativa ed il socio un coimprenditore totalmente soggetto al rischio d'impresa come qualsiasi altro imprenditore o lavoratore autonomo. Si sarebbe così determinato in modo chiaro l' uscita dal quadro di diritti e tutele che regolano il lavoro dipendente per entrare in un altro che regola il lavoro autonomo, con i "profitti" ed i "rischi" conseguenti.

Risulta inoltre insufficiente se non assente un ragionamento sulla parte cipazione e la democrazia d'impresa (art.7, Democraticità di gestione) che invece rappresenta un capitolo insopprimibile sia per la definizione della specificità della figura del lavoratore-socio sia per riattivare valori che stavano alla base della nascita della cooperazione e che si sono ve nuti appannando nel tempo.

Tale aspetto, infatti, riveste una estrema rilevanza se si vogliono pro durre distinzioni all'interno del variegato mondo cooperativo tra vere cooperative e "cooperative private" o sorte di public-company; tra coo perative dove è garantita una vera partecipazione e quelle dove la parte cipazione è formale o addirittura composte da "soci coatti".

L'impercorribilità di quegli approcci:

- per l'inacettabilità sociale (spaccatura e deregolamentazione non solo del mercato del lavoro ma del mercato tout court, con il crearsi di situa zioni di concorrenza sleale e di vero e proprio dumping mettendo a re pentaglio le regole del mercato in settori ed attività di grandissima deli catezza come i servizi alla persona nel socio assistenziale educativo o anche in settori del terziario e dei servizi, es. pulimento o appalti, dove agiscono imprese illegali ed addirittura malavitose per il riciclo di denaro sporco);

- per l'idea di Lavoro e della sua evoluzione che sottende ( noi siamo per una accezione larga del lavoro );

- per l'idea di proprietà ed anche di partecipazione che ci stà dietro. Qualsiasi partecipazione alla proprietà dell'impresa infatti si suppone che possa eliminare il ruolo autonomo del soggetto Lavoro, così come si omologa proprietà con gestione quando ormai tutti i processi in atto sono tesi ad una crescente autonomizzazione tra proprietà e management.

Ho voluto riprendere se pur schematicamente le caratteristiche della proposta delle centrali coop non per ragioni di polemica ma perchè essa ha permesso di chiarire in modo esplicito le diverse opzioni in campo: tra chi pensa che la prestazione di lavoro del lavoratore-socio è sempli cemente un fattore funzionale (variabile dipendente) al "raggiungimen to degli scopi sociali" stabiliti dagli statuti ed in quanto tale regolata dal rischio/profitto d'impresa e chi ritiene che la prestazione di lavoro abbia una sua autonomia ed esista una soggettività del lavoro a cui và data cittadinanza con gli strumenti e gli istituti tipici della regolazione della prestazione lavorativa del lavoro dipendente (o se si vuole del lavoro senza aggettivi).

Anche nella nostra regione si sono avuti in queste settimane pronuncia menti di importanti cooperative e strutture e si sono manifestati rilievi critici alla proposta delle centrali coop nazionali (vedi presa di posizio ne del CdA di Manutencoop; CMB; Lega coop ed AGCI in un conve gno ad Imola; Lega di Bologna e di FE; ecc.) in particolare rispetto all'ipotesi di applicazione al 70% dei CCNL.

Più avari, o forse discreti, i pronunciamenti della Confcooperative.

Tuttavia ci pare di poter dire che in tali prese di posizione critiche man chi ancora una risposta chiara ad un quesito di fondo: possono o no convivere i due termini LAVORATORE SOCIO?

Noi pensiamo di sì e, al di là di come lo si chiamerà, pensiamo quindi che ci si debba muovere per il riconoscimento della duplicità della figu ra del lavoratore-socio; una figura che pur restando nell'alveo del LA VORO è declinata come figura "speciale" la cui specificità può essere riconosciuta nella contrattazione aziendale o decentrata. Nel lavoratore-socio c'è infatti un aspetto relativo alle modalità di espletamento della sua prestazione di lavoro che lo fanno essere del tutto simile al lavoratore dipendente e ciò non viene superato o annulla to dall'aspetto sociale o dall'essere contemporaneamente parte della proprietà.

Lavorare, come è stato detto da Cesare Baccarini nella relazione all'assemblea nazionale delle cooperative del settore industriale della Lega, per una soluzione che permetta la convivenza di due rapporti giuridici: quello del lavoro e quello societario, ci pare una strada per seguibile, per "operare sul mercato alle stesse condizioni delle altre imprese, rispettando i contratti liberamente sottoscritti".

Stiamo infatti parlando di un soggetto che si definisce come LAVORA TORE e come SOCIO (c'è pertanto un rapporto di lavoro ed un rappor to associativo) e la soluzione di recedere uno dei termini sarebbe come eliminare l'oggetto del problema che siamo chiamati ad affrontare.

Se la soluzione fosse quella indicata dalla proposte delle centrali coope rative o nelle varie bozze del Governo, ai lavoratori-soci non resterebbe altro da rivendicare che la presenza nella legge di una fase transitoria per permettere agli attuali soci di cooperative di poter decidere libera mente di recedere da soci per restare solo dipendenti per evitare di tro varsi cooptati in una nuova avventura da Coimprenditore senza saperlo e senza alcuna tutela e garanzia di reddito e di lavoro.

Necessità di superare la fase delle proposte unilaterali e dei NO sulle proposte altrui per aprire la fase del confronto negoziale e dell'accordo a partire dalla reale rappresentatività delle organizzazioni.

A tale proposito il Governo e le stesse organizzazioni maggiormente rappresentative devono difendere la trasparenza e la certezza di regole nelle relazioni sindacali nel rispetto degli assetti contrattuali scaturiti il 23/7/93 e dell'accertamento della reale maggiore rappresentatività.

Gravissimo infatti è il proliferare di accordi sul tipo di quello intersetto riale sottoscritto da CNAI UNAPI ANCL e FE.NA.S.A.L.C., CISAL, SALC per i dipendenti delle aziende artigiane, piccole imprese-coope rative allo scopo di creare situazioni di dumping contrattuale attraverso l'abbassamento dei minimi dei CCNL sottoscritti dai sindacati confede rali CGIL CISL UIL.

Gli ASSI PORTANTI della nostra PROPOSTA:

* riconoscere la SPECIALITA' del LAVORATORE-SOCIO

* regolamentare il RAPPORTO DI LAVORO sapendo che con questo interveniamo solo su una parte dei problemi che ha di fronte la cooperazione:

- problematica dell'adeguamento della legislazione d'impresa non risol ta con la L.59 "nuove norme in materia di società cooperative" del 1992;

- strumenti e leggi per la promozione cooperativa e di nuove imprese; - definizione di regole e forme di sostegno alle ONLUS ed al III settore distinguendo dal volontariato; associazioni; fondazioni, ecc..

Il problema è come regolare il rapporto di lavoro del lavoratore-so cio sapendo che ciò deve essere costruito disegnando un quadro di coerenze tra:

1. assetti contrattuali;

2. sistema previdenziale;

3. strumenti di regolazione del mercato del lavoro e degli ammortizza tori sociali;

4. rappresentanza.

La prima soluzione da adottare è l'ESTENSIONE DEL CAMPO DI APPLICAZIONE di tali strumenti ed istituti.

Parliamo di ESTENSIONE e non di OMOLOGAZIONE in quanto:

* per un verso è innegabile che se guardiamo come la prestazione lavo rativa si esplica, se analizziomo come il lavoratore-socio organizza e conferisce il proprio lavoro, non si può dire vi sia uno status o condi zioni privilegiate che necessitino di prefigurare una regolazione "spe ciale" della prestazione e quindi un "corredo speciale di tutele e di dirit ti" per esempio su orari, malattia, sicurezza sul lavoro, retribuzione, riconoscimento professionale e percorsi di carriera, rapporto con le ge rarchie aziendali ed il menagement.

Và viceversa valorizzato il suo rapporto con la gestione dell'impresa, con gli obiettivi dell'impresa o con gli strumenti della partecipazione (anche se noi siamo per la valorizzazione del lavoro e la responsabiliz zazione/partecipazione di tutti i lavoratori e non solo dei soci).

* l'ESTENSIONE non nega la possibilità e la necessità di prefigurare poi SOLUZIONI SPECIFICHE in un intreccio tra regole generali vali de per tutti, regole e criteri quadro nazionali la cui applicazioni può tro vare una articolazione a seconda delle caratteristiche del settore, del territorio, dell'impresa cooperativa. Ciò anche in funzione della presen za o meno di una reale partecipazione dei soci alla gestione dell'impresa cooperativa.

1. ASSETTI CONTRATTUALI: conferma ed estensione dei 2 livelli 23/7/93, CCNL per soci e non soci; livello decentrato per specificità.

Come hanno proposto FIM FIOM UILM regionali, è dentro agli attuali assetti contrattuali definiti dall'accordo del 23 luglio 1993 che è possi bile riconoscere nel CCNL l'elemento unificante per tutti i lavoratori delle cooperative e fare della contrattazione aziendale o decentrata il luogo e lo strumento per la valorizzazione concreta della specificità del lavoratore-socio.

E' infatti nell'azienda che si possono collegare i contenuti ed i risultati della contrattazione agli andamenti aziendali ed alla definizione di obiettivi discussi e concordati, come è sempre nell'azienda che si deve sviluppare e valorizzare la partecipazione e la cooperazione del lavoro al fine di migliorare la competitività ed elevare la qualità e le occasioni di lavoro. Inoltre è a questo livello che il collegamento ai risultati (il premio di risultato per i lavoratori dipendenti non soci) può tradursi in quel "qualcosaltro" che si aggiunge ai minimi frutto del "rapporto di scambio tra lavoratori-soci e cooperativa rappresentati dai CCNL e dal la contrattazione relativa ai lavoratori dipendenti" (documento CdA Manutencoop). Un "qualcosaltro" che può essere ulteriore reddito da lavoro o anche rischio d'impresa.

2. SISTEMA PREVIDENZIALE: quello pubblico come per i lavoratori dipendenti più la previdenza complementare in cui poter anche indivi duare specificità per il lavoratore-socio.

Anche la scelta del regime previdenziale e contributivo a cui assogetta re il lavoratore-socio deve trovare una coerenza in una "specialità" che non annulli o renda residuale il Lavoro e la sua prestazione. Soluzioni ambigue sulla definizione della figura del lavoratore-socio infatti non sono praticabili poichè, con la riforma della previdenza, l'obbligo della scelta del regime in cui stare è inevitabile (su questo è stato chiaro an che Treu intervenendo al convegno di dicembre della CGIL): o si stà nel sistema previdenziale tipico del lavoro dipendente con aliquota al 33%, superando progressivamente ma con tempi certi i regimi a salario convenzionale che rappresentano semplicemente una turbativa nelle regole di mercato ed un grave danno per i futuri pensionati-soci, o si và in quello del lavoro autonomo. La previdenza integrativa viceversa po trebbe essere diversamente sviluppata sempre nello spirito della "spe cialità" del lavoratore-socio (anche con sostegno legislativo)

3. STRUMENTI DI REGOLAZIONE DEL MERCATO DEL LAVO RO E DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: vanno riconosciuti anche ai lavoratori-soci le leggi e gli strumenti vigenti per il lavoro su bordinato

Solo se, pur "speciale", è configurabile ed assimilabile ad una presta zione di lavoro dipendente si può pensare che possono essere assunti contrattisti in formazione lavoro, lavoratori a part-time (come sarebbe infatti un coimprenditore a tempo determinato?) o avere strumenti di tutela ed integrazione del reddito come la cassa integrazione, la disoc cupazione, la mobilità o il ricorso al fondo di garanzia del TFR.

Si può inoltre pensare di sperimentare, nei settori e nelle imprese sco perti, strumenti di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione in caso di crisi e ristrutturazioni (es. ciò che si è speri mentato nell'artigianato dove, attraverso la contrattazione, si sono atti vati anche strumenti bilaterali) (Art. 2 comma 28 del testo della legge "collegata" alla finanziaria 1997).

4. RAPPRESENTANZA:

RUOLO E CONTRIBUTO DELL'EMILIA

Le Centrali coop hanno scelto di essere discrete e di non "interferire" nel nostro dibattito; non ci formalizziamo e forse avremmo preferito che intervenissero perchè vogliamo parlare di merito e pensiamo che l'Emilia Romagna (per il suo peso e per la sua storia) debba e possa da re un contributo alla soluzione nazionale e perchè pensiamo sia neces sario uscire dalla logica del confronto tra ristretti gruppi dirigenti per coinvolgere attivamente i nostri rappresentati.

CGIL CISL UIL dell'Emilia Romagna, con questa importante iniziativa unitaria, vogliono contribuire alla evoluzione positiva di un quadro do ve sia nel sindacato nazionale che nelle centrali cooperative si sono ma nifestate e si manifestano tuttora posizioni differenti. Con questa iniziativa unitaria CGIL CISL UIL dell'Emilia Romagna vogliono dare un contributo sia alla definizione di una proposta unitaria del sindacato ma anche fornire alle controparti, al Governo ed al Parla mento una base di confronto concreto nella consapevolezza che, senza cadere nella presunzione di poter rappresentare la realtà nazionale, da questo nostro lavoro si possano ricavare gli elementi per una soluzione positiva alla definizione della figura del Lavoratore-Socio.

D'altronde, sia la mobilitazione per la risoluzione delle emergenze (di cui la stessa settosegretaria Gasparrini e le centrali coop ci hanno dato atto) che la discussione e la raccolta delle firme in calce al nostro appel lo (oltre 100 assemblee fatte; 6.000 firme raccolte fino ad oggi) sono sempre state improntate all'azione propositiva e di merito.

Qualsiasi soluzione non può infatti prescindere dalla realtà oggi esisten te, dalla percezione del proprio lavoro in cooperativa che hanno i soci, dal forte radicamento e rappresentatività del sindacato in una regione come la nostra con forte presenza di realtà cooperative.

Non abbiamo mai pensato di avere l'esclusiva della rappresentanza del Lavoratore-Socio come non pretendiamo di negoziare e di imporre noi la legge per la definizione della figura del L.S. e tantomeno sui futuri assetti della cooperazione, ma non rinunciamo ad organizzare ed a dare risposte ai bisogni ed ai problemi che riguardano un mondo che noi consideriamo del lavoro e non altro, in una logica di unità e non di divi sione/frantumazione col resto del lavoro dipendente.

Vogliamo cioè tranquilizzare chi ha visto nella nostra iniziativa il tenta tivo del sindacato di "recuperare nelle nostre cooperative un ruolo oggi fortemente in discussione nell'impresa privata".

La nostra ambizione è assai maggiore: rappresentare e tutelare maggior mente il lavoro, da quello "tradizionale" alle forme nuove in cui esso si evolve e si presenta (le collaborazioni coordinate e continuative; i lavo ri a termine; il lavoro interinale; i lavoratori in mobilità; il telelavoro; ecc.).

Spero mi si passi una battuta polemica: ho l'impressione che certe affer mazioni dimostrino un malessere che non trova sfogo nella giusta dire zione, nel senso che se le cooperative o le stesse organizzazioni territo riali non sono state informate e coinvolte dai loro rispettivi nazionali non possono poi imputare al sindacato di avere attivato un proprio per corso ed una propria iniziativa che, a fronte di un atto unilaterale, per mettesse di ristabilire la correttezza delle relazioni (ripristino del tavolo delle trattative) e permettesse di discutere con i propri rappresentati proposte e piattaforme di merito da avanzare nel negoziato. Questo lo diciamo anche perchè riteniamo che ciò vada fatto anche qualora si giunga ad ipotesi di soluzioni che dovranno essere sottoposte alla di scussione dei lavoratori delle cooperative.

Siamo comunque disponibili a confronti ed approfondimenti anche in sede locale regionale; anche a tutto campo sulla cooperazione, sui processi e l'evoluzione in atto (vecchio insediamento e nuove oppertunità) per qualificare la presenza cooperativa e per realizzare una nuova fase di costituzione di nuove imprese cooperative.

Ciò anche contando su misure e politiche del Governo più adeguate oltre che su un atteggiamento e sensibilità nuove rispetto a precedenti Governi, cosa che , con la presenza qui oggi del sottosegretario Gaspar rini ne è sicuramente la riprova e di questo la ringraziamo.

Alcuni dati generali sulla cooperazione

in Italia:

- sono circa 70.000 le cooperative attive (quelle complessive sono oltre 105.000 ma una parte consistente sono sospese, inattive o in liquidazio ne: nel Lazio addirittura su 16.382 appena 2.106, pari al 13%, sono attive);

- oltre 100.000 miliardi di fatturato;

- 390.000 occupati.

I soci ammontano a circa 8.800.000.

A questi dati vanno aggiunti quelli relativi alle cooperative sociali: 3.000 unità; oltre 2.000 miliardi di fatturato e circa 100.000 occupati.

in Emilia Romagna:

- sono circa 3700 le imprese imprese con oltre 35.000 miliardi di fattu rato e quasi 110.000 addetti.

La quota più consistente dell'occupazione è concentrata nel settore del consumo e nei servizi (quasi il 40%) con una consistente espansione del comparto socio-sanitario che ha registrato incrementi sia degli addetti (+20%) che del fatturato (+18%). Le Cooperative sociali iscritte all'albo regionale, L. n .7 del 4/2/94, al 31 maggio 1996 erano infatti già oltre 210 con circa 11.000 addetti.

Il settore industriale, viceversa, a fronte di un consistente aumento del volume di vendite dovuto soprattutto all'aumento dell'export fa registra re una lieve variazione dell'occupazione (+0,7%). Ciò è dovuto alla ca duta degli occupati in edilizia (-8%) ma, più in generale, alle difficoltà in cui versano tutte le aziende manifatturiere della regione.

- I soci sono stimabili in oltre 2 milioni

- I lavoratori-soci: sono stimabili in circa 75.000

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